Oggi non ri-pubblico, come tanti, gli articoli sul commissariamento di Brescello, sul suo scioglimento: i fatti sono chiari e verranno ulteriormente spiegati solo dalla pubblicazione sulla Gazzatta Ufficiale del decreto di scioglimento. Oggi non pubblico insomma "cronaca nera", ma "bianca", non il quadro drammatico, ma le reazioni ad esso della piazza Brescellese, che a mio parere forniscono un'agghiacciante chiave di lettura del fenomeno che la cronaca nera ha tratteggiato.
Cittadini che fuggono davanti ai giornalisti, abitanti che negano l'evidenza dei fatti, anziani che continuano a giocare a carte ignorando bellamente i cronisti che chiedono loro dello scioglimento del comune, residenti che giungono (come poi fa anche lo stesso Grande Aracri) ad incolpare i giornalisti... come se il problema fosse il riflettore che finalmente lo illumina, invece del marcio che tracima...
Settant'anni di "fedeltà alla linea", di generazioni gestite dalla culla alla tomba dal "Partito" padre-padrone, settant'anni di conformismo assoluto, di decisioni prese nella "cellula" invece che in Consiglio Comunale (come se fosse quella l'organo deputato), hanno creato una realtà distorta, nella quale tutto quello che oggi leggiamo sui media nazionali, è considerato "Normale". Una collettività per la quale è normale che il comune sia condizionato se non eterodiretto, nella quale è normale che le consorterie abbiano più peso e potere dei cittadini, nella quale questi ultimi hanno oramai scritto nel dna il "riflesso condizionato" di assecondare sempre e comunque conformisticamente il potere.
Solo in queste terre quindi si può oggi - anno domini 2016! - arrivare al quadro ripugnante che disegna questa paginata del Carlino, quadro che ricorda certe plaghe del meridione estremo di cinquant'anni fa, nelle quali la mafia secondo i residenti non esisteva (pur essendo evidentissima per tutti gli altri) e dove amministratori e "padrini" erano per antonomasia "brave persone", "galantuomini"... aree quelle che oggi sono all'avanguardia nel contrasto alla criminalità organizzata, mentre noi - che ieri le guardavamo con disgusto e con immotivata superiorità - oggi, cinquant'anni dopo, siamo giunti in quello stesso cupo "medioevo" di negazionismo e conformismo.
Menzione "d'onore" merita infine don Evandro, un parroco che - gettata alle ortiche anche la prudenza evangelica - nega l'evidenza e difende a spada tratta l'orrendo statu quo ante scioglimento, confondendo quello con il gregge del quale dovrebbe esser pastore... e quella confusione, quella sovrapposizione inconscia, è altro dato scioccante sul quale riflettere.