Ed ecco una potenziale risposta alla domanda che ci ponevamo ieri, cioè come sia stato possibile che l'indagine sul malaffare nel catasto sia rimasta "dimenticata" in un cassetto per undici anni, fino alla prescrizione: esso era "determinante per l'equilibrio politico locale".
Ora che Giuseppe Pagliani è stato assolto per non aver commesso il fatto, mentre è stato condannato Domenico Mesiano che nelle primarie per la scelta del candidato-Sindaco intervenne a favore di Vecchi - minacciando da un telefono della questura alcuni elettori - anche le ultime foglie di fico sono cadute. Ora che i gerarchi di questa città ed i loro lacché non potranno più rispondere ad ogni domanda, ad ogni richiesta di chiarezza, parlando di Pagliani come faranno a continuare a non rispondere?
Ora che Mesiano è stato condannato e l'accusa di "consapevole e volontaria partecipazione" al sodalizio criminale è giunta a sentenza, come potranno negare che la 'ndrangheta sia intervenuta nella vita politica reggiana, a vantaggio di Vecchi?
Oggi non ri-pubblico, come tanti, gli articoli sul commissariamento di Brescello, sul suo scioglimento: i fatti sono chiari e verranno ulteriormente spiegati solo dalla pubblicazione sulla Gazzatta Ufficiale del decreto di scioglimento.
Oggi non pubblico insomma "cronaca nera", ma "bianca", non il quadro drammatico, ma le reazioni ad esso della piazza Brescellese, che a mio parere forniscono un'agghiacciante chiave di lettura del fenomeno che la cronaca nera ha tratteggiato.
Cittadini che fuggono davanti ai giornalisti, abitanti che negano l'evidenza dei fatti, anziani che continuano a giocare a carte ignorando bellamente i cronisti che chiedono loro dello scioglimento del comune, residenti che giungono (come poi fa anche lo stesso Grande Aracri) ad incolpare i giornalisti... come se il problema fosse il riflettore che finalmente lo illumina, invece del marcio che tracima...
Settant'anni di "fedeltà alla linea", di generazioni gestite dalla culla alla tomba dal "Partito" padre-padrone, settant'anni di conformismo assoluto, di decisioni prese nella "cellula" invece che in Consiglio Comunale (come se fosse quella l'organo deputato), hanno creato una realtà distorta, nella quale tutto quello che oggi leggiamo sui media nazionali, è considerato "Normale". Una collettività per la quale è normale che il comune sia condizionato se non eterodiretto, nella quale è normale che le consorterie abbiano più peso e potere dei cittadini, nella quale questi ultimi hanno oramai scritto nel dna il "riflesso condizionato" di assecondare sempre e comunque conformisticamente il potere.
Solo in queste terre quindi si può oggi - anno domini 2016! - arrivare al quadro ripugnante che disegna questa paginata del Carlino, quadro che ricorda certe plaghe del meridione estremo di cinquant'anni fa, nelle quali la mafia secondo i residenti non esisteva (pur essendo evidentissima per tutti gli altri) e dove amministratori e "padrini" erano per antonomasia "brave persone", "galantuomini"... aree quelle che oggi sono all'avanguardia nel contrasto alla criminalità organizzata, mentre noi - che ieri le guardavamo con disgusto e con immotivata superiorità - oggi, cinquant'anni dopo, siamo giunti in quello stesso cupo "medioevo" di negazionismo e conformismo.
Menzione "d'onore" merita infine don Evandro, un parroco che - gettata alle ortiche anche la prudenza evangelica - nega l'evidenza e difende a spada tratta l'orrendo statu quo ante scioglimento, confondendo quello con il gregge del quale dovrebbe esser pastore... e quella confusione, quella sovrapposizione inconscia, è altro dato scioccante sul quale riflettere.
Il procuratore capo Grandinetti, come da inveterata "tradizione" della Procura reggiana, minimizza, ma gli stralci riportati ed il fatto stesso che del sindaco e di sua moglie si siano interessati i servizi segreti del nostro Stato proietta un'ombra cupa sullo "statu quo" che governa queste terre, spinge a chiedersi cos'altro non sappiamo, pungola fortemente l'opinione pubblica e la politica onesta a battere i pugni sul tavolo ed a pretendere completa chiarezza!!
Mentre la Direzione Nazionale Antimafia tratteggia un quadro terribile di queste zone, definite "terre di 'ndrangheta da almeno un decennio", e nefasto di chi le ha governate negli ultimi anni - il rapporto parla di una "gestione della cosa pubblica fortemente condizionata dai rapporti tra la politica e le organizzazioni mafiose" - Vecchi non trova di meglio da fare che minacciare denunce a chi cerca chiarezza.
Non solo insomma continua a non rispondere alle domande che gli vengono poste, a non fornire le carte che comprovino la sua ricostruzione della vicenda della casa in cui vive, a non spiegare nulla, neanche chi abbia disposto quel succedaneo di scorta che lo ha per breve tempo accompagnato e chi e perché poi l'abbia di colpo cancellata... non ha nulla da dire neanche su una relazione, quella della DNA, drammaticamente netta e dura su chi ha amministrato queste terre negli ultimi dieci anni... ma in compenso minaccia chi non tace e vuole da lui risposte.
All'indomani dell'uscita della notizia del non mai del tutto chiarito acquisto da un presunto 'ndranghetaro della casa del Sindaco Vecchi, l'amministrazione si è affannata ad approvare ed a buttare sui giornali - invece delle fatture sulla suddetta compravendita, e della totale chiarezza al riguardo - questo regolamento interno, spacciandolo come un'eccellenza reggiana... mentre non solo è un atto dovuto, ma giunge soprattutto in ritardo di almeno vent'anni, anni nei quali secondo le carte processuali la mafia avrebbe prosperato... e - come dicono tutti coloro che si son occupati di mafia, da Don Ciotti a Gratteri - "non esiste mafia senza politica"!!
Andando poi a leggere il documento, elaborato dalla nuova e capace Segretaria Generale del Comune, Rosa Iovinella, si ben comprende quanto gli "anticorpi" tanto millantati da Delrio e dai suoi, fossero in realtà un prodotto della sua fantasia, solo un utile strumento inventato al fine della sua retorica autodifesa.
Posto che le “scorte” sono regolamentate per legge, e che la norma (L. 133 del 2-7-2002) prescrive che “I servizi di protezione e di vigilanza sono eseguiti dagli uffici, reparti ed unita' specializzate della Polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri e, qualora necessario, del Corpo della guardia di finanza e del Corpo di polizia penitenziaria”, vien da domandarsi se possa davvero esser stato il Prefetto, come si evince dai comunicati del Comune, a disporre che il Sindaco sia accompagnato da agenti di Polizia Locale, forza che non rientra tra quelle che possono fare servizi di scorta ed i cui operatori non
possono neanche accedere ai durissimi corsi di formazione che permettono poi di diventare agenti delle scorte.
Sorge quindi il sospetto che sia stato il Sindaco stesso ad auto-attribuirsi tale “accompagnamento”… “accompagnamento” che – in nome di quanto scritto sopra - non gli fornisce nessuna tutela dalle minacce delle quali lui sostiene d’esser vittima, minacce che nella sua ricostruzione gli sarebbero per altro rivolte dalla ‘ndrangheta, il sodalizio criminale più “militarmente” forte d’Europa, che usa esplosivi, armi da guerra e bazooka con la stessa naturalezza con la quale io impugno le posate… ed allora perché dotarsi di un accompagnamento così ridicolmente inadeguato?
L’unica risposta che vien in mente è che quella sia una misura propagandistica: lo Stato non l’ha ritenuto sotto minaccia, tanto da attribuirgli una scorta vera, ed egli allora si è dotato di un succedaneo che ne evochi l’immagine, succedaneo che non può avere scopi difensivi (la vigilessa ritratta più volte accanto a lui è addirittura disarmata), ma che può giusto servire ad accreditare davanti all’opinione pubblica la sua tesi d’esser minacciato, d’esser in pericolo, d’esser vittima.
Ho il sospetto insomma che per la prima volta nella storia d’Italia stiamo assistendo ad una “scorta mediatica”, una “scorta” fasulla che – evocando l’immagine di vere misure di protezione - lo promuova d’ufficio, giacché le autorità competenti non l’hanno fatto, a vittima della ‘ndrangheta che necessiti di una “scorta”, collocandolo quindi fra i “buoni a tutta prova” e lo difenda così più che dalle mafie, dalle legittime richieste di far chiarezza che gli giungono dall’opinione pubblica, una disgustosa operazione di marketing politico insomma, l’ennesima pigliata per i fondelli ai suoi concittadini, che giunge in luogo delle fatture, della documentazione e della chiarezza richieste.